CHIAMATA E MISSIONE DEI LAICISono passati venti anni (di Piergiuseppe Alvigini)
In un recente articolo ho rilevato che, probabilmente, il 90% dei Laici ignora l’apertura del Vaticano II e del Magistero di Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II per quanto riguarda la “Chiamata e missione dei Laici nella Chiesa e nel mondo”. Ripensandoci ho ritenuto doveroso mettere a disposizione di tutti alcune brevi citazioni testuali,, che per qualcuno costituiranno una sorpresa, ricavate dai Documenti ufficiali. Inizio da Giovanni XXIII, con tre Documenti, precedenti il Concilio Vaticano II.
Dalla Enciclica (poco conosciuta) “Princeps pastorum” del Novembre 1959. Si tratta di una Enciclica sulle Missioni. <(§45) Nella pubblica attività, i Laici dei Paesi di Missione hanno la loro più diretta azione, ed è, quindi, necessario provvedere con la massima urgenza, affinché le Comunità cristiane offrano,alle loro patrie terrene, per il bene comune, uomini che onorino le varie professioni ed attività,nello stesso tempo in cui onorano, con la loro solida vita cristiana, la Chiesa(…)>>(§46)
Dalla (celebre) “Mater et Magistra” del Maggio 1961, elaborata per il 70° anniversario dell’Enciclica, di Leone XIII, intitolata “Rerum novarum”. In questa sede non citiamo quanto espresso a proposito della “Dottrina sociale”, tema delle due Encicliche, ma quanto riguarda la missione dei Laici. <>(§39) “L’esperienza, infatti, attesta che dove manca l’iniziativa personale dei singoli cittadini, vi è la tirannide politica, ma vi è, pure, ristagno dei settori economici diretti a produrre, soprattutto, la gamma dei beni di consumo e dei servizi che hanno attinenza - oltre che ai bisogni materiali – alle esigenze dello spirito; beni e servizi che impegnano, in modo speciale, la genialità creatrice dei singoli (…)(§44) La “socializzazione”(…)intesa come moltiplicarsi di relazioni nella convivenza civile(…)è creazione da parte degli uomini consapevoli, liberi, portati, per natura, ad operare in attitudine di responsabilità (§49) E’, infatti, insita nella comune natura umana (incarnata in modo personale da ogni essere uomano ndr) l’esigenza che nello svolgimento delle loro attività produttive si abbia la possibilità di impegnare la propria responsabilità personale e la possibilità di perfezionare il proprio essere(§69) Giovanni XXIII estende il ragionamento alla convivenza civile <<Principio fondamentale (…)è che i singoli esseri umani devono essere il fondamento, il fine, ed i soggetti di tutte le Istituzioni in cui si esprime e si attua la vita nella convivenza civile(…)(§203) L’educazione ad operare cristianamente nella convivenza civile difficilmente riesce efficace se i soggetti medesimi non prendono parte attiva nell’educazione di se stessi, e se l’educazione non viene svolta anche attraverso l’azione>>(§212)
Dalla “Pacem in terris”, molto nota, dell’Aprile 1963 <<(…)continua a fare stridente contrasto il disordine che regna tra gli esseri umani e tra i popoli, quasi che i loro rapporti non possano essere regolati che per mezzo della forza. Invece il Creatore ha scolpito l’ordine anche nell’essere degli uomini: ordine che la coscienza personale rivela ed ingiunge perentoriamente di seguire.(§3) Una deviazione, nella quale si incorre spesso, sta nel fatto che si ritiene di poter regolare i rapporti tra gli esseri umani nella convivenza civile, ed i rapporti tra le rispettive comunità politiche, con le stesse leggi che sono proprie delle forze e degli elementi irrazionali (…) mentre invece le leggi con cui vanno regolati i rapporti tra gli esseri umani sono di natura diversa, e vanno ricercati la dove Dio le ha scritte, ossia nella natura umana..(§4). In una convivenza civile ordinata e feconda va posto, come fondamento, il principio che ogni essere umano è “persona”, ossia una natura dotata di intelligenza e di volontà libera. E’, quindi, un soggetto di diritti e di doveri che scaturiscono immediatamente e simultaneamente dalla stessa natura umana, diritti e doveri che sono, perciò, universali, inviolabili, inalienabili>>(§5). La partecipazione dei cittadini alla vita pubblica è una esigenza della loro dignità di persone, anche se le forme con cui vi partecipano sono legate al grado di maturità umana raggiunto dalla Comunità politica di cui sono membri ed in cui operano. Attraverso la partecipazione alla vita pubblica si aprono, agli esseri umani, nuovi e vasti campi di bene(…)(§44) A tutti gli uomini di buona volontà spetta un compito immenso: il compito di ricomporre i rapporti della convivenza nella verità, nella giustizia, nell’amore, nella libertà(..)(§87).
(24/05/08) Pier Giuseppe Alvigini