
Si vede bene l'imbocco del fiume Elba da dove i primi longobardi sono proseguiti sino alle acque mediterranee dello Ionio .... tutto nella regione virtuale europea "Longobardia" dentro il corridoio geoculturale europeo "Longobardia"....
By Diego Scarbolo già Centro Turistico Giovanile e membro del Forum Associazioni Promozione Turismo Sociale Brescia Ctg, Cts, Acli, Uisp, Aics, Arci, Ass.Longobardia Regione Virtuale Europea
Profit -NONPROFIT-Pubblico.
Tre settori con tre proprie rendicontazioni evolute,
distinte ma non separate dalle proprie comunità.
IL NONPROFIT: settore che sta in mezzo,
di Diego Scarbolo
* * *
Il nonprofit: una realtà molto variegata. La sua identità è tra il profit ed il pubblico.
Pare bene scrivere “nonprofit” e infatti lo scriviamo “tuttoattaccato”. L’esempio ineludibile, precedente e molto, molto autorevole è quello dell’ italiano prof. Aldo Capitini* ( Perugia 1899-1968) che si è sempre battuto perché il termine “nonviolenza” venga scritto -sempre- “tuttoattaccato”; questo sulla motivazione che non è la semplice assenza di violenza che mi dice “tutto” sulla “nonviolenza”.
La nonviolenza ed è ormai assodato storicamente, è molto, molto di più. Ed è disciplina che non solo va insegnata (come lo è in prestigiose istituzioni a livello planetario) ma -soprattutto- va “bene” praticata.
Ed anche il “nonprofit” va praticato. E praticato bene.
Oggi, si deve prendere atto, è largamente praticato ma va sempre confrontato sempre con la realtà effettiva, con gli effetti reali che produce direttamente ed indirettamente. Insomma bisogna sempre andare dentro questo settore che sta di mezzo tra il profit ed il pubblico con una sua propria rendicontazione evoluta.
Va inoltre preso atto che molti lo chiamano “terzo” settore. Ma forse tutti i sistemi economici, e non solo il nostro, non si riescono più a leggere solo con i due settori profit e pubblico. Forse, in questo tempo, pare meglio chiamarlo, allo stato attuale: “settore di mezzo”.
Indicando così i “corpi” intermedi, le autonomie e gli organismi sociali, il mondo articolato della cooperazione sociale, le fondazioni ex bancarie e d’impresa, le Università, gli amministratori di cosa pubblica, i gestori di beni comuni, le persone e ciò che ha a che fare con la responsabilità sociale d’impresa, insomma tutto ciò che si muove e vive nel settore di mezzo .
Tutto però sempre con la consapevolezza che la “società” è un tutto unico e che dentro ci sta tutto il profit il nonprofit ed pubblico sia nei suoi aspetti quantitativi che qualitativi, nei suoi aspetti positivi e non.
Non si deve dimenticare che c’è di fatto una bella differenza fra un’accumulazione sana ed insana e questo sia nel settore profit, sia el nonprofit ed anche nel pubblico ed inoltre che, ancora, ci sono differenze, anche di qualità, nelle relative pratiche operative. Non tutte le pratiche operative sono uguali.
Sappiamo che c’è una eticità dei fini ma anche dei mezzi.
E ne parleremo perché siamo convinti che siamo liberi. Certissimamente si: liberi!
Ma liberi di fare il bene.
(*)Aldo Capitini (Perugia 1899-1968) filosofo, pedagogista insegnò nelle Università di Cagliari e Pisa. Notevole la sua attività, teorica e pratica, in ordine alla educazione alla nonviolenza, intesa non come passiva rassegnazione all’altrui violenza. Elementi di una esperienza religiosa(1937); La realtà di tutti (1948);L’atto di educare (1951);Il fanciullo(1953);Religione aperta (1955); Educazione aperta (1967-68).
Si è concluso con grande succeso il seminario nazionale del sessantennio
venerdì 20, sabato 21, domenica 22 marzo 2009 Torino
L’emergenza educativa.
Una sfida per il Ctg e l’associazionismo
nel terzo millennio
Nella città che ha visto nascere il Ctg, un convegno aperto a tutti i dirigenti e soci attivi per ripartire dopo 60 anni con rinnovato entusiasmo. Perché una celebrazione non sia solo rievocativa, ma anche proiettata nel futuro. Per questo il confronto si apre anche alle altre associazioni di comune ispirazione impegnate nella sfida dell’emergenza educativa.
Il programma di massima prevede :- venerdì 20:arrivi nel pomeriggio, sistemazione presso l'Atahotel Concord (****),
cena e convocazione del Consiglio nazionale.Tempo libero per gli altri.
- sabato 21, ore 9.30 - 13, Sala GAM della Galleria d'Arte Moderna Consiglio nazionale aperto ai dirigenti e soci attivi e
seminario sul tema dell'emergenza educativa. Introduce la presidente nazionale del Ctg, Maria Pia Bertolucci
presidente regionale del Ctg Piemonte. Interverranno inoltre i presidenti nazionali delle seguenti associazioni invitate: AC, AGESCI, ACLI, AMC, ANSPI, CSI, Etsi – Cisl, FUCI, Salesiani. Dibattito tra i presenti. Pranzo
- Sabato pomeriggio : Visita guidata della città in gruppi ore 17.30, Teatro della Parrocchia di Santa Rita Celebrazione del 60° e premiazione di Dirigenti e Gruppi storici costituiti nel decennio 1949- 1959 ed in attività. Saluti del Presidente CTG Maria Pia Bertolucci, del Sindaco del Comune di Torino Sergio Chiamparino, del Presidente della Provincia di Torino Antonio Saitta, del Sindaco del comune di Doues Isabel Eugenio, del Sindaco del comune di Druento Carlo Vietti. ore 19.30 Santa Messa celebrata da S.E. Card. Severino Poletto Arcivescovo di Torino cena a buffet preparata dai giovani dell’Istituto Alberghiero di Pinerolo A. Prever
Messaggero Veneto — 07 marzo 2009
Aspettando The Wall , Antonio Devetag ha messo a segno il primo colpo a effetto della sua gestione di Mittelfest. L’altro ieri a Spoleto, preceduto dal lavoro diplomatico del sindaco di Cividale, Attilio Vuga, il manager culturale friulano ha infatti siglato un patto con i Festival delle città longobarde candidate Unesco: Spoleto e Benevento. Un patto tra città-spettacolo che si tradurrà in una comune produzione artistica e nello scambio di eventi da passerella internazionale. L’accordo si concreterà nella prossima stagione artistica, ma già per quest’estate Mittelfest produrrà una pièce teatrale di stampo mitteleuropeo, affidata a Furio Bordon, che sarà allestita in prima nazionale al festival dei Due mondi di Spoleto, che tradizionalmente precede di un paio di settimane l’evento cividalese. L’“alleanza longobarda” sarà suggellata il 21 aprile a Roma con una conferenza stampa di presentazione. «L’idea era maturata già nell’incontro alla Bit di Milano - racconta Devetag -. Pensare di favorire la collaborazione fra questi festival in una stagione di crisi e di tagli alla Cultura ci sembrava il modo corretto per conciliare esigenze artistiche e di risparmio». La proposta ha trovato piena adesione sia da parte del consiglio di amministrazione del sodalizio di Cividale; sia da parte degli esponenti di Spoleto e di Benevento. «La nostra speranza - si è augurato Devetag - è di avere intrapreso una strada che possa servire da modello ad altre esperienze nazionali». Il patto è stato stipulato da Devetag con l’assessore spoletino Flamigni, con il direttore del festival dei Due mondi , Giorgio Ferrara e con il coordinatore artistico di Benevento Città spettacolo, Claudio Affinito. «Il discorso è andato subito molto sul concreto - ha tenuto a sottolineare Devetag - nel senso che l’obiettivo condiviso è stato quello di promuovere una grande produzione teatrale già per il prossimo anno fra le tre strutture». «Unire le proprie risorse, umane e finanziarie e il proprio capitale di idee, che da anni rappresentano le eccellenze sul piano dei festival e il riferimento per tutta la cultura internazionale – hanno osservato Devetag, Flamigni e Affinito – è la testimonianza di come, anche in un periodo di crisi, lo scambio di idee e la collaborazione, da cui possono nascere percorsi culturali e artistici inesplorati, possa configurarsi quale risposta concreta alla situazione di difficoltà che oggi investe il mondo della cultura». Un impegno - ha aggiunto Devetag - «formidabile, se riusciremo, come spero, a unire in una produzione teatrale risorse e ingegno con l’obiettivo di avere anche un ritorno economico». Quale sarà l’allestimento spetterà ai direttori artistici sceglierlo. Ma una cosa è certa: quella produzione «esordirà al festival dei Due mondi, che cronologicamente è il primo dei tre, per poi passare a Cividale e a Benevento». Ma proprio per rodare l’alleanza longobarda tra festival, Cividale del Friuli (UD), Spoleto(PG) e Benevento (BN) tenteranno già quest’anno di dare spazio al progetto comune. Spetterà in questo caso a Cividale, al direttore artistico della prosa, Furio Bordon, preparare una pièce che sarà presentata in anteprima a Spoleto. Un “assaggio” di Mitteleuropa che sarà il sigillo dell’alleanza con i Due mondi. E chissà che nelle prossime edizioni Cividale non veda planare qui spettacoli di valore internazionale come quello che il grande attore e regista Bob Wilson sta allestendo in questi giorni a Spoleto su un lavoro di Samuel Beckett. Quanto alla candidatura Unesco, Cividale del Friuli, Spoleto e Benevento hanno unito le loro ricchezze sotto la comune insegna di “Italia Langobardorum – Centri di potere e di culto”, un sito storico-archeologico seriale che ora attende il riconoscimento dell’organismo internazionale, nella convinzione già evidente che i luoghi longobardi d’Italia constituiscono un patrimonio assoluto dell’umanità. ( m.t.m. )
Si è svolto, con successo, dom. 8 marzo 2009 Centro Fiere di Rovigo - CEN.SER - V.le Porta Adige, 45 - 45100 ROVIGO NEXUS Eventi presenta VERSO LA MONETA DEL BENESSERE come uscire dalla FINANZA DISTRUTTIVA...
Intervenuti Marco Della Luna, Nino Galloni, Pierluigi Paoletti ed i lavori sono stati moderati da Tom Bosco, direttore responsabile della rivista NEXUS New Times.
Un nuovo modello economico non solo è possibile, bensì indispensabile per risolvere una crisi finanziaria senza precedenti, innescata da una spesa pubblica mal gestita perché condizionata da una pressione fiscale troppo elevata, e quindi insostenibile per i cittadini e le piccole imprese. Il nodo cruciale da sciogliere è quello del finanziamento della spesa pubblica attualmente realizzato solo attraverso la tassazione, ma risolvibile con strumenti ben più equi ed efficaci. Il futuro delle comunità nazionali e locali che compongono l'Europa dipende dalla capacità di finanziare lo sviluppo e la futura e possibile valorizzazione delle loro stesse risorse umane, tecnologiche, naturali e scientifiche, oggi inutilizzate. Inutilizzate proprio perché la classe dirigente si ostina – da oltre venticinque anni – a rifiutare l'utilizzo di tali mezzi finanziari fondamentali. Promosso da NEXUS Eventi, questo ciclo di conferenze mira alla divulgazione di notizie poco reperibili altrove in merito all'attuale crisi: i reali problemi che stanno alla sua origine, il meccanismo perverso che la regola e le possibili soluzioni concrete e prontamente attuabili a partire da ognuno di noi. Articolandosi in tre interventi diversi ma che si completano a vicenda, l’evento vuole essere una tappa importante verso la consapevolezza del mondo soprattutto - ma non solo - economico che ci ruota attorno.Tutto si è svolto con la partecipazione dell'Associazione Arcipelago ŠCEC.
S.E. Giampaolo Crepaldi Segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace
Le paure del nostro tempo e la speranza cristiana Conferenza a Piacenza 5 marzo 2009
Un passo dell’enciclica “Spe salvi” di Benedetto XVI ci fa comprendere molto bene cosa saremmo e come vivremmo se non ci fosse stata aperta la porta della speranza: «Se non possiamo sperare più di quanto è effettivamente raggiungibile di volta in volta e di quanto di sperabile le autorità politiche ed economiche ci offrono, la nostra vita si riduce ben presto ad essere priva di speranza»[1]. Noi ci guardiamo attorno e, così facendo, vediamo “quanto di sperabile le autorità politiche ed economiche ci offrono”. Ma non è un panorama che ci rassicuri poi molto. I governi dell’Europa e dell’America hanno finora immesso negli Istituti di credito ben 370 miliardi di dollari, ma non è stato sufficiente non dico a risolvere la crisi, ma nemmeno a far percepire un qualche segnale di ripresa. Si è aggiunto il pericolo del fallimento delle banche dell’est europeo e, qualche esperto ha anche cominciato a chiedersi perché mai non potrebbero fallire anche gli Stati[2].
Su un altro versante di timori e paure, abbiamo dovuto assistere all’impotenza dei pubblici poteri a salvare la vita di Eluana Englaro. Non sono riuscito a capire bene cosa impedisse di intervenire. Non sono costituzionalista, ma semplice cittadino. E come cittadino mi è sembrato che salvare una vita non potesse essere incostituzionale, o almeno che non lo dovesse essere.
Su un terzo versante di preoccupazione, quello della immigrazione e della convivenza tra culture e religioni diverse, dobbiamo riscontrare che il modello del multiculturalismo e della laicità intesa come neutralità ha fallito[3]. Questo ci mette inquietudine. Da un lato le culture si sono limitate a convivere in modo parallelo, senza rispettarsi e senza integrarsi, dall’altro gli Stati pretendono di garantire uno spazio pubblico neutro da assoluti religiosi imponendo la laicità come un assoluto. Sulla recente sentenza spagnola contro i simboli religiosi nelle scuole pubbliche si è fatto notare che la scelta negativa rispetto a Dio è una scelta tanto assoluta quanto quelle positive e che lo Stato non può imporla senza venir meno al proprio dovere di imparzialità[4]
Sentiamo che ci vuole qualcos’altro oltre “quanto di sperabile le autorità politiche ed economiche ci offrono”. Coltiviamo addirittura l’idea che tante paure che tutti noi oggi proviamo e delle quali ho fornito tre esempi tra i più drammatici, siano dovute, alla fine, dalla corrosione della speranza. Ecco, forse, perché la ripresa non può venire solo dall’alto. Per questo, infatti, sentiamo in questi momenti di crisi e timore, una spinta, quasi un dovere, a mobilitarci, ad assumerci delle responsabilità, anche se non apparteniamo al ceto delle “autorità politiche ed economiche”. La speranza rende liberi.
Concedere dei mutui-casa sapendo della probabile insolvibilità dei contraenti; vendere questi mutui-casa dentro prodotti finanziari che passano di mano in mano per motivi speculativi, impacchettare questi prodotti finanziari dentro fondi di investimento collocati in borsa senza far trasparire la loro “tossicità” … tutto questo potrebbe sembrare fiducia nel domani, speranza, ma in realtà si tratta di strumentalizzare la speranza, di volerla in qualche modo dominare e sfruttare. Si è speculato sulla speranza. Una banca che vende, nelle modalità suddette, un rapporto fiduciario con una famiglia (perché in questo consiste un credito per l’acquisto della casa) credo si possa dire che specula sulla speranza. Abbiamo come la sensazione che in questi ultimi tempi sia stata corrosa quella speranza che nasce dalla realtà e dalle vere relazioni umani, dal lavoro e dalla fiducia, dalla conoscenza vicendevole e dalla solidarietà vissute come vocazione. Questo faceva la solidità della nostra speranza. Il lavoro visto come vocazione, il credito visto come espressione di fiducia e finanziamento per rendere possibile una vocazione, la vita vista come vocazione, da rispettare e pietosamente servire, anche quando non è più produttiva. L’altro, il fratello, il migrante, visto come una vocazione. Questo apriva il nostro cuore alla speranza, perché ci poneva in ascolto di qualcosa che non nasceva da noi, ma che ci interpellava da fuori o, meglio, da davanti. Qualcosa che ci veniva incontro[5].
Ora che le grandi banche, abituate a concedere prestiti sulla base di dati di rating senza aver visto mai in volto colui che richiede il credito, sono in crisi o sono puntellate, indirettamente o direttamente, dagli Stati, si riscopre la vecchia banca dislocata sul territorio, le casse rurali e le banche di credito cooperativo, che concedono i prestiti conoscendo la persona, la sua famiglia e la sua storia. Oggi molte piccole e medie imprese sono in difficoltà, ma ci sono due tipi di imprenditori. Quelli rampanti e spregiudicati, figli della mentalità della crescita indefinita, dell’indebitamento allegro e del guadagno nel breve termine, e quelli del buon senso antico, con i piedi per terra, che trattano i dipendenti come familiari e che possono contare su una solidarietà e una partecipazione allargata. I primi falliscono, i secondi, anche se a gran fatica, reggono. Ora si scopre l’importanza del microcredito, delle cooperative sociali che garantiscono i posti di lavoro anche nelle difficoltà e fanno da ammortizzatori sociali, riuscendo perfino a finanziare gli enti pubblici, dati i tempi con i quali questi ultimi assolvono ai loro impegni economici in questa epoca di ristrettezze. Ecco molti esempi di fiducia, di collaborazione, di solidarietà che ci danno speranza perché sono animati dalla speranza. Tutto questo mi fa pensare che questo momento di crisi sia il momento dei piccoli e non solo dei grandi.
Oggi ci troviamo davanti ad una crisi che investe soprattutto i tre ambiti che ho in precedenza richiamato: quello economico-finanziario, quello della convivenza tra culture e religioni diverse a seguito delle immigrazioni, quello della vita. In tutti e tre la paura è generata dalla carenza di speranza. Sull’ultimo ambito, quello della vita, permettetemi di dire qualche parola in più. Sono fortemente preoccupato e direi perfino angosciato dalla deriva eugenetica che l’ingegneria genetica sta assumendo[6]. Veramente aveva ragione Benedetto XVI a dire che con l’inseminazione artificiale veniva sfondata la soglia della dignità della persona[7]. Le diagnosi prenatali e le diagnosi preimpianto sempre più comportano quasi automaticamente l’uccisione del nuovo essere. La carenza di speranza produce l’indebolimento della carità e nella morte di Eluana Englaro io ho intravisto un vulnus alla pietas per il sofferente e a quella carità cristiana che ha permeato di sé, anche laicamente, la nostra civiltà.
La carenza di speranza è un atto di superbia che corrode anche la carità, in quanto pone tutte le soluzioni nelle sole nostre mani e ci fa convinti che il mondo si possa aggiustare senza essere buoni. O che si possa essere buoni senza volerlo, per una specie di meccanismo o biologico, o economico o politico. Infatti davanti alla crisi finanziaria e ai problemi della bioetica si invocano soprattutto soluzioni tecniche, che non possono essere soluzioni di nulla dato che il problema stesso non è tecnico. Gestire fondi “tossici” non è questione tecnica, dato che nessuna regola della finanza lo richiede.
La mancanza di speranza indebolisce poi la volontà, in quanto non le permette di guardare oltre se stessa. E’ così che si pretende che i desideri diventino diritti. La parola “desiderio” può avere due significati. Nel primo esso è “attesa”, e in questo senso il desiderio è aperto alla speranza, anzi si fonda sulla speranza, è speranza[8]. Nel secondo esso è “pulsione”, una spinta che nasce da noi e che pretende esaudimento e in questo senso esso si oppone alla speranza, che è disponibilità a quanto irrompe e non dipende da noi. La volontà si trasforma in desiderio, inteso in questa seconda accezione quando manca la speranza.
Infine la mancanza di speranza indebolisce la ragione, perché questa non è più in grado di guardare al di là di se stessa. Niente le sta davanti e niente la chiama, niente la spinge, niente le apre nuove porte da varcare.
La volontà ha bisogno della ragione che le indichi la strada, ma la ragione ha bisogno della speranza che le permetta di vedere oltre se stessa[9]. C’è un termine per esprime questi legami: «purificazione»[10].
Queste osservazioni ci permettono di mettere a punto alcuni atteggiamenti cristiani nei confronti della crisi attuale e delle paure che stanno diffondendosi tra la gente.
Il giorno del primo giovedì di Quaresima, in una risposta ad un sacerdote romano, che gli chiedeva un orientamento pastorale davanti alla crisi economia e sociale di oggi, Benedetto XI ha detto che
Ho adoperato spesso in queste righe la parola vocazione[13]. L’ho fatto perché mi sembra che possa far capire come la speranza possa illuminare la concretezza della vita. Il restringimento della nostra ragione alle sole verità empiriche ha comportato l’atrofia della vocazione sicché fatichiamo a vedere nelle cose, nella vita, negli altri e nel nostro lavoro una “chiamata”. Esse si appaiono solo come dei dati, muti e privi di prospettiva, più che come progetti che ci sono affidati e che interpellano la nostra responsabilità. Sta qui il fondamento di uno dei principi fondamentali della dottrina sociale della Chiesa, quello di sussidiarietà, che rimane inspiegabile senza la speranza e senza la vocazione[14]. La richiesta della libertà ha senso solo finalizzata all’assunzione di responsabilità: la sussidiarietà implica un sistema di libertà responsabile. Ma la responsabilità è impossibile se non come risposta ad una vocazione. Solo dopo aver letto nella realtà un disegno e un progetto è lecito rivendicare spazi di libertà per contribuire alla realizzazione di quel disegno, che non è frutto del desiderio perché non lo abbiamo creato noi.
Ora, se osserviamo bene, alla radice di molte crisi attuali che si impauriscono c’è la mancanza della sussidiarietà, ossia il diniego di mettersi al servizio di una vocazione e di assolvere ad un compito. La finanza dovrebbe essere sussidiaria all’economia reale, cioè alle famiglie e alle persone, ma non lo è stato. La medicina e la politica dovrebbero essere sussidiare ella vita, ma nel caso di Eluana Englaro non lo sono state. Le singole culture sono sussidiarie alla comune umanità, ma nel multiculturalismo non lo sono state. Alla radice c’è un difetto ad accogliere, che è frutto di una antropologia del desiderio contrapposta ad una antropologia della vocazione.
«Dio è il fondamento della speranza, non un qualsiasi Dio, ma quel Dio che possiede un “volto umano” e che ci ha amati fino alla fine»[15]. La speranza dal volto umano è la speranza ragionevole, reale, non ingannevole. La speranza dal volto umano è quindi amore, che non inganna e vuole il vero bene di chi ama.
[1] Benedetto XVI, Enciclica Spe Salvi, n. 35.
[2] M. Longo, Così è crollato il castello di carta, “Il Sole 24 Ore”, 1 marzo 2009, p. 5.
[3] S. Fontana, Il fallimento del multiculturalismo in due opere recenti, “Bollettino di Dottrina sociale della Chiesa” V (2009) 1, pp. 27-28. Cf.: W. Laqueur, Gli ultimi giorni dell’Europa. Epitaffio per un vecchio continente, Marsilio, Venezia 2008; P. Donati, Oltre il multiculturalismo, Laterza, Roma-Bari 2008.
[4] T. González Vila, Simboli religiosi e luoghi educativi pubblici, “Bollettino di Dottrina sociale della Chiesa” V (2009) 1, pp. 21-23. Sul concetto di laicità mi sono ampiamente soffermato in G. Crepaldi, Dio o gli dèi. Dottrina sociale della Chiesa, percorsi, Cantagalli, Siena 2008.
[5] Martin Buber dice che ogni autentica relazione “capita”, non si può programmare, ci viene incontro (Cf. M. Buber ., Il principio dialogico ed altri saggi, San Paolo, Cinisello Balsamo 1993).
[6] Lo aveva previsto G. Chesterton, Eugenetica ed altri malanni, Cantagalli, Siena 2008. Vedi Congregazione per
[7] Benedetto XVI, Discorso all’Assemblea Plenaria della Congregazione per
[8] «L’uomo ha bisogno di Dio» dice
[9] Benedetto XVI, Enciclica Spe Salvi, n. 23.
[10] Benedetto XVI, Deus caritas est, n. 28.
[11] Cf S. Fontana, L’immateriale nell’economia. Crisi finanziaria e ripensamento di alcune categorie economiche, “Bollettino di Dottrina sociale della Chiesa” V (2009) 1, pp. 8-10.
[12] S. Latouche, Come sopravvivere allo sviluppo, Bollati Boringhieri, Torino 2005.
[13] G. Crepaldi, Dio o gli dèi cit,, pp. 11-18: «La persona umana tra vocazione e alienazione. La visione dell’uomo nella Dottrina sociale della Chiesa».
[14] G. Crepaldi, Ivi,, pp. 195-106: «libertà e responsabilità della società civile. La regola della sussidiarietà».
[15] Benedetto XVI, Enciclica Spe Salvi, n. 31.