sabato 14 marzo 2015

....organizzatore del Tutto per il Forum del Turismo Sociale il Pres. del Ctg Viaggiovane Vincenzo Conese .....Complimenti per la bellissima serata.....

Vincenzo Conese Pres. Ctg Milano-Monza e Forum per Turismo Sociale




.....la Perla di Teodolinda....

Perle di Teodolinda il Dolce Caratteristico di Monza

....Servizio Impeccabile in Costume Medioevale da Mariani a Monza....

Ecco il Dolce.....le Perle di Teodolinda.....

i giovani citigini ascoltano storie longobarde ....percepiscono di avere radici...ma Radici di sangue....cosi si assapora la dolcezza dello stare assieme...

Monza alla Cena Longobarda 



Inviato da Samsung Mobile

60 persone alla Cena Longobarda Organizzata dal Forum per il Turismo Sociale di Milano-Monza....cena per piccoli e grandi longobardi monzesi....

La Sala dei Longobardi un Tavola a Monza




Ecco il Menù della Cena Longobarda a Monza....

Menu della Cena Longobarda da Mariani a Monza
 




Forum di Promozione del Turismo Sociale di Milano Monza Organizza una Cena Longobarda in Costume ecc ecc ....parteciperà il Pres. Diego Scarbolo che relazionera' il Tutto....a presto...

Cena Longobarda alla Pasticceria Mariani 

mercoledì 11 marzo 2015

Muoversi da Dilettanti in Cina: il sito "Italia Ciao" "NonVa" ed EXPO2015 "NonComunica"....Stampa in Cinese Tradizionale, Lingua Parlata da una Esigua Minoranza dei Cinesi ....

Milano sede EXPO 2015
Silvia Franco sul fattoquotidiano richiama:

"...il sito è www.yidalinihao.com, che tradotto vuol dire “Italia ciao”. Cliccate e vedete cosa vi appare. “The website is down for maintenance”: il sito non va.... ed è un ente che nel 2014 ha incassato oltre 20 milioni di euro in tutto da Stato, Regioni e Comuni (ne incasserà altrettanti nel 2015

A muoversi da dilettante in Cina non è solo l’ente per il turismo, ma lo stesso Expo 2015 che distribuendo flyers con la pubblicità dell’Esposizione Universale stampa in cinese tradizionale, lingua parlata da una minoranza ad Hong Kong, Singapore e Taiwan. 

La quasi totalità del miliardo e 400 milioni di cinesi parla il cinese semplificato e non capisce il cinese tradizionale...."

Tutto da Ridere o Piangere a Maggio Apre Expo!

venerdì 6 marzo 2015

Mons. GP. Crepaldi, Pres.Osservatorio Cardinale Van Thuan: "...la BioPolitica è Parte Integrante della Dottrina Sociale della Chiesa..." E' ineludibile che "...i Giudici Emettono Sentenze Metafisiche, anche i Parlamenti Licenziano Oggi Leggi Metafisiche, che Ridefiniscono la Natura delle Persone e delle Relazioni."

....il lettore....
Martedì 3 marzo 2015, nella sede della Radio Vaticana a Roma e' stato presentato il Sesto Rapporto sulla Dottrina sociale della Chiesa nel Mondo da parte dell' Osservatorio Cardinale Van Thuan.  Ecco in sintesi intervento dell'Arcivescovo Giampaolo Crepaldi, presidente dell'Osservatorio.

"........una delle caratteristiche della linea culturale del nostro Osservatorio è di collegare strettamente le problematiche della biopolitica con la Dottrina sociale della Chiesa, anzi, di considerarle parte integrante della Dottrina sociale della Chiesa. Non è una indicazione che ci siamo inventati noi, ma che proviene dal magistero da un lato e dalla realtà dei fatti dall’altro. 
Possiamo far risalire questa prospettiva almeno alla Evangelium Vitae di San Giovanni Paolo II. Quanto alla realtà dei fatti, che ci tira spesso per la giacca e ci obbliga ad assumere atteggiamenti nuovi, si può indicare il punto di partenza nella nascita di Luise Brown, la prima bambina concepita in provetta. 
Eravamo nell’ormai lontano 1978. Allora non si potevano vedere fino in fondo le conseguenze, ma oggi nessuno di noi può fingere di non vedere.

Non tutti hanno fatto questa integrazione della biopolitica dentro la Dottrina sociale della Chiesa.  E’ forse anche il motivo per cui in questo campo i politici cattolici sono divisi  ...
 ed ...è tristemente sorprendente constatare come su temi tanto fondamentali e, direi, tanto evidenti sia alla ragione che alla fede, la politica cattolica si frantumi ancora prima di cominciare. 

Questo però significa – dobbiamo dircelo fraternamente – la separazione della politica dalla verità e la completa secolarizzazione della fede quando entra nell’ambito pubblico

In questo modo la fede non avrà più niente da dire alla politica e la politica dimenticherà definitivamente di essere a servizio non solo di interessi ma anche della salvaguardia e nella promozione di un “ordine”. 
Se questo ordine non viene trovato nella vita, nella famiglia, nella nostra identità sessuata, nelle nostre relazioni naturali … dove mai lo dovremmo trovare?
....Siamo arrivati ad un punto di svolta. Davanti al diffuso silenzio di fronte alla fecondazione eterologa, davanti a consiglieri regionali e comunali dichiaratamente cattolici che propongono essi stessi normative sulle unioni civili o sulle dichiarazioni anticipate di trattamento, davanti a tanta incertezza e confusione dottrinale, bisogna, con calma, riprendere alle radici il filo del discorso e ricominciare a tessere. 

Si è detto per tanto tempo che le ideologie sono finite. Invece mai come oggi la politica si occupa dei “massimi sistemi”, si occupa addirittura di riplasmare l’umanità. Come i giudici emettono sentenze metafisiche, anche i Parlamenti licenziano oggi leggi metafisiche, che ridefiniscono la natura delle persone e delle relazioni. 

Nel Parlamento italiano ci sono leggi che, se approvate, cambierebbero radicalmente il nostro modo di relazionarci, di procreare, di vivere le relazioni familiari. 

In politica, oggi come ieri, si giocano anche significati assoluti. E’ per questo che Leone XIII scrisse le sue encicliche sociali; è per questo che io, come vescovo, mi occupo di queste cose; è per questo che il nostro Osservatorio continuerà ad operare combinando insieme le questioni di biopolitica con la Dottrina sociale della Chiesa."

giovedì 5 marzo 2015

Le Monde: " L’Europa Deve Abbandonare l’Euro" ....così scrive l'Economista prof. Wolfgang Streeck dell'Università di Colonia (Germania)...

....EURO Sgranocchiante...
Le voci che chiedono lo smantellamento dell’euro si levano sempre più alte: il quotidiano francese Le Monde pubblica un lungo articolo in cui Wolfgang Streeck, sociologo e professore di economia presso l’Università di Colonia, spiega che, se si vuole salvare l’Europa, bisogna abbandonare il mostruoso progetto dell’euro. ( da www.vocidallestero.it)

di Wolfgang Streeck, 2 marzo 2015

Se tutto va bene, stiamo assistendo all’inizio della fine dell’unione monetaria europea. “Se l’euro fallisce, fallisce l’Europa”, ha detto Angela Merkel. 

Oggi, è esattamente il contrario. L’euro sta distruggendo l’Europa. Se l’euro fallisce, potrebbe ancora accadere che l’Europa finisca per non fallire. Non è infatti una cosa certa: i danni causati dall’unione monetaria sono troppo profondi.

Con l’avvento al potere in Grecia del partito di sinistra Syriza, in alleanza con un piccolo partito di estrema destra, il progetto mostruoso di innestare una moneta comune in paesi diversi con diverse economie sembra dover andare incontro alla fine che si merita.

Eppure ne sono stati fatti, di tentativi! Hanno iniziato con l’instaurare, al posto dei governi eletti, dei tecnocrati provenienti dalle burocrazie finanziarie private e pubbliche, ma il popolo ingrato li ha rimandati a casa. L’era della docilità europea è finita: le istituzioni democratiche respingono le protesi di Bruxelles. E continuerà: in Spagna, il partito gemello di Syriza, Podemos, manderà a casa il Partido Popular.

Nessuno può sapere che cosa verrà fuori dai negoziati che sono stati appena iniziati. All’interno di Syriza ci sono opinioni diverse sul fatto se la Grecia deve restare o meno nell’euro. Molte sono le possibilità. D’altra parte, l’Italia e la Spagna giurano di sostenere la politica comune delle “riforme” e dei “salvataggi” – ma è chiaro che esse chiederanno anche per sè per le concessioni che saranno negoziate dalla Grecia. Tutto questo costerà molto caro ai paesi del Nord.

Restrizioni umilianti

Forse gli artisti del negoziato di Bruxelles riusciranno a fermare la Grecia e a far passare l’estate all’euro. Questo produrrà forse l’effetto collaterale desiderato: provocare la scissione di SYRIZA e rovinare la sua reputazione presso gli elettori. Dal risanamento di bilancio della Grecia, seguito da quello, inevitabile, degli altri debitori, non si sarà guadagnato nulla.

Anche se l’economia greca si stabilizzasse al livello attuale, le enormi disparità che “riforme” hanno fatto nascere tra il nord e il sud Europa persisteranno, e questo vale anche per l’Italia e la Spagna, se cercheranno di diventare “competitive” nel senso in cui lo intendono gli standard della Banca Centrale Europea (BCE) e dell’Unione Europea (UE).

Inoltre potrebbero essere richeste delle compensazioni per la redistribuzione o lo “stimolo” alla crescita, sotto forma di prestiti o aiuti strutturali nell’ambito della politica regionale, o almeno per ripristinare le relazioni come erano prima della crisi e del salvataggio: il conflitto redistributivo trasferito nelle relazioni tra Stati membri. E questa rivendicazione sarebbe rivolta alla Germania, come anche ad alcuni paesi più piccoli, come i Paesi Bassi, Austria e Finlandia – e la Francia interverrebbe in qualità di “mediatore”.

Comincerebbe così un conflitto duraturo che provocherebbe il crollo dell’Europa. La Germania, e il Nord, non potrebbero sfuggire ai prevedibili negoziati. Si può prevedere che i donatori penseranno che i pagamenti sono troppo alti, mentre i paesi beneficiari riterranno che il denaro non fluisce abbastanza, e solo a costo di umilianti restrizioni della loro sovranità.

Questo conflitto strutturale esisterà fintantoché ci sarà una unione monetaria. Se quest’unione non si infrange su questo conflitto, perché i governi si aggrappano ostinatamente al loro “frivolo esperimento”, o se il settore tedesco delle esportazioni crede di doversi aggrappare alla sua “idea europea” fino alla vittoria finale, allora questo idealismo provocherà lo smembramento dell’Europa. Porre fine quanto prima possibile all’unione monetaria nella sua forma attuale, è quindi in primo luogo nell’interesse, se non economico, almeno politico, della Germania.

L’Odiata Germania

Nei paesi del Mediterraneo, tra cui la Francia, la Germania è oggi più odiata di quanto non lo sia mai stata dalla seconda guerra mondiale. L’iniezione finanziaria da parte della BCE nel mese di gennaio ha avuto un solo effetto: la sensazione di trionfo che la sconfitta tedesca nel consiglio direttivo della banca ha suscitato nel sud Europa. L’eroe degli italiani si chiama Mario Draghi, perché pensano che egli abbia preso in trappola i tedeschi con l’astuzia e li abbia umiliati.

Il coinvolgimento della Germania nell’Europa è in gran parte un’eredità a lungo termine di quell’ “appassionata europeo” che è stato Helmut Kohl. Quando gli accordi minacciavano di fallire a causa di una divergenza sulla ripartizione dei costi, Kohl si è sempre mostrato disposto a pagare il conto. Quel che può essere stato nell’interesse della Germania, per ragioni storiche, il folklore politico l’ha attribuito alle convinzioni personali di Kohl, ma questo atteggiamento ha suscitato delle speranze che sono andate oltre il suo mandato.

Per i successori di Kohl di qualsiasi orientamento, gli interessi dell’economia dell’esportazione tedesca e dei suoi sindacati giustificherebbero da soli che si faccia di tutto per soddisfare queste aspettative e, se necessario, che si finanzi da soli la coesione dell’unione economica europea. Ora, questi eredi non ne sono più capaci.

L’approfondimento del processo di integrazione, voluto da molti buoni europei, ha avuto come conseguenza la sua politicizzazione e la nascita di un’opinione pubblica che ha posto fine al “consenso permissivo” sulla politica di integrazione europea.

Contrariamente a quanto si sosteneva, la vita pubblica europea non si è realizzata come una politica interna, ma come una politica estera in cui dominano i conflitti tra stati e dove l’obiettivo di un’unione sempre più stretta, al quale una volta si prestava solo una scarsa attenzione, è diventato sempre più contestato. All’interno dell’Unione monetaria, i sussidi necessari per l’integrazione hanno raggiunto un tale livello che vanno ben al di là delle possibilità della Germania.

Possiamo ritenere che il governo Merkel sarebbe disposto ben volentieri a far pagare un prezzo molto alto ai suoi contribuenti per imporre la sua “idea europea” di un mercato interno sovranazionale a cambio fisso per i macchinari e le automobili tedesche, e possiamo dire la stessa cosa, anche se per ragioni in parte diverse, dell’opposizione riunita nel Bundestag. L’emergere nel 2013 del partito anti-euro AFD nella politica interna tedesca, tuttavia, non l’ha permesso.

Catastrofe geostrategica

Come anche il consenso permissivo è stato esso stesso sempre collegato ad un sistema in cui tutto ciò che doveva servire all’integrazione non era noto al grande pubblico, si potrebbe continuare ancora a lavorare per nascondere le concessioni tedesche tramite dei raffinati rigiri tecnocratici, cosa a cui si presterebbe particolarmente bene la BCE. Ma con le elezioni in Grecia, anche questo è diventato impossibile.

Le estenuanti discussioni che ci si può attendere intorno al “programma per la crescita”, alla remissione del debito e alla condivisione del rischio, da una parte, e sui diritti d’intromissione nel potere di governo, dall’altro, si svolgeranno sotto la luce impietosa dell’opinione pubblica, con grida di allarme o di trionfo, a seconda della situazione, da parte dell’AFD in Germania e di quasi tutti i partiti nei paesi debitori.

L’Unione monetaria ha distrutto la politica europea della Germania e il successo che aveva raggiunto nel corso di molti decenni. Se non stiamo attenti, può anche ora avere delle conseguenze catastrofiche sul piano geostrategico. La Russia è pronta a concedere alla Grecia i prestiti che le verrebbero rifiutati dalla UE.


La stessa idea potrebbe essere applicata in caso di fallimento dello stato greco, o se il paese venisse escluso dall’Unione monetaria europea. Se si arrivasse a questo, saremmo di fronte ad una asimmetria più unica che rara: allo stesso modo in cui l’Unione europea, incoraggiata dagli Stati Uniti, cerca di mettere piede in Ucraina, la Russia potrebbe lavorare per stabilire in Grecia una testa di ponte verso l’Europa occidentale.

Il momento della verità

Ognuna delle due parti si vedrebbe allora costretta a riempire un pozzo senza fondo nella zona d’influenza dell’altra (i greci qui avrebbero ragione di stupirsi che Bruxelles, Berlino e compagnia abbiano ancora i soldi per l’Ucraina dominata da un’oligarchia, ma non per la Grecia guidata da un governo di sinistra). Nello stesso modo in cui l’Occidente ha voluto estendere la sua influenza nella direzione di Sebastopoli, col suo porto militare russo sul Mar Nero, la Russia potrebbe volersi spingere nell’Egeo, spazio di manovra della 6° Flotta degli Stati Uniti. Sarebbe un ritorno ai conflitti geostrategici del dopoguerra, che hanno visto, nel 1946, l’intervento delle truppe britanniche nella guerra civile greca.

Il momento della verità è arrivato per una politica europea di integrazione che è andata fuori controllo, il cui motore è il capitale finanziario. Perché l’Europa non si trasformi in una palude di accuse reciproche tra nazioni, con le frontiere aperte ed esposta in ogni momento al rischio di essere invasa dagli stranieri che arrivano da fuori, dobbiamo smantellare quel mostro che è l’unione monetaria.

Lo smantellamento deve avvenire sulla base di un accordo, prima che l’atmosfera non ne risulti troppo avvelenata. Come farlo: questo è ciò di cui dobbiamo discutere. Dobbiamo permettere ai paesi del Sud un’uscita regolare, forse entro un euro del sud che non richieda da parte loro le “riforme” che distruggono le loro società.

Quanto a coloro che, all’inizio dell’unione monetaria, hanno fatto loro credere che avrebbero potuto godere di crediti infiniti subprime, devono pagare, come coloro che sapevano di che si trattava e non hanno detto nulla. Invece del gold standard di fatto che viene utilizzato nella relazione con il Nord Europa, dobbiamo creare un sistema monetario che permetta la flessibilità escludendo l’arbitrio. Un numero sempre maggiore di economisti lo richiede, e ci sono tra questi dei pesi massimi come l’americano Alan Meltzer. Dobbiamo fare ciò che è necessario – non per salvare l’euro, ma per salvare l’Europa.