sabato 30 giugno 2018

"Il fallimento dell’euro, se dovesse arrivare, non deve portare al fallimento dell’Europa." intervista su DIE ZEIT del prof. Lucio Baccaro, direttore del Max-Planck-Institut für Gesellschaftsforschung di Colonia

Intervistato dal settimanale tedesco Die Zeit, il professor Lucio Baccaro, direttore del Max-Planck-Institut für Gesellschaftsforschung di Colonia, esprime il suo punto di vista sull’attuale evoluzione del sistema politico in Italia e sui futuri possibili scenari.

Un’eventuale disgregazione dell’unione monetaria, ipotesi un tempo ritenuta poco plausibile, appare sempre più realistica e anche auspicabile.
di Thomas Aussheuer, 13 Giugno 2018

Il nuovo governo italiano scuote l’Unione europea, perfino la fine della moneta unica è diventata concepibile. Una conversazione con il noto politologo Lucio Baccaro sulla crisi del suo Paese e su una disgregazione concordata dell’Eurozona

DIE ZEIT: prof. Baccaro, l’Italia scuote l’Europa. I neofascisti della Lega formano un governo con il fuoco fatuo del Movimento Cinque Stelle. Come si è arrivati a questo punto?

Lucio Baccaro: L’economia italiana ha ristagnato per vent’anni. Il prodotto interno lordo pro capite è ancora inferiore a quello del 1999. L’alto livello di debito pubblico deriva principalmente dagli anni ’70 e ’80, quando fu creato lo stato sociale italiano. A quell’epoca iniziò ad accumularsi l’indebitamento con cui il Paese si trova a lottare ancora oggi (qui è opportuno precisare che in realtà i dati raccontano un’altra storia: dagli anni ’70 sino ai primi anni ’80 il debito pubblico italiano era molto contenuto, tra il 40 e il 60 % del Pil, ndVdE). Dagli anni ’90 in poi l’Italia, con l’eccezione del 2009, ha registrato ogni anno un avanzo primario.

ZEIT: Sembrerebbe che l’Italia stia tornando a crescere economicamente?

Baccaro: Io non la vedo così. L’Italia è ancora il Paese la cui economia sta crescendo meno di tutti gli altri paesi in Europa, incluso il Regno Unito. E i dati recenti suggeriscono che i consumi e le esportazioni sono in calo.

ZEIT: Il filosofo Angelo Bolaffi, in un’intervista al Süddeutsche Zeitung, ha affermato che la crisi italiana ha poco a che fare con l’introduzione dell’euro.

Baccaro: Penso che abbia torto su questo. A mio parere, l’adesione all’euro ha ridotto il tasso di crescita italiano. Ovviamente non si può dire con certezza, perché non possiamo riportare indietro la ruota della storia e vedere cosa sarebbe successo se l’Italia fosse rimasta fuori dall’euro. Una cosa è certa: prima dell’introduzione della moneta unica l’economia italiana cresceva altrettanto velocemente o addirittura più velocemente rispetto ad altri Paesi europei.

ZEIT: Lei si è fatto un nome come ricercatore studiando le convergenze nello sviluppo del sistema economico e di quello politico. Ora i neofascisti del Nord si stanno coalizzando con un partito anti-establishment che ha avuto molto successo al Sud. Entrambe queste forze politiche rappresentano, come direbbe lei, un blocco sociale. Lo trova sorprendente?

Baccaro: Al contrario, sono sorpreso che il collasso del sistema partitico tradizionale non si sia verificato prima. La ragione per me – per spiegarlo con un’affermazione del politologo Fritz Scharpf – è la mancanza di “legittimità dell’output”. Con un ritornello di rito, i precedenti governi Monti, Letta, Renzi e Gentiloni hanno continuato a ripetere che la crisi era stata superata e che si poteva intravvedere una luce in fondo al tunnel.

In realtà, le condizioni economiche non sono migliorate in modo sostenibile. Matteo Renzi del Partito Democratico (PD) ha riscontrato un certo successo perché è stato in grado di presentarsi come un politico nuovo che avrebbe portato la tanto sperata svolta. Così non è stato.

ZEIT: E proprio perché i problemi sono rimasti gli stessi che gli elettori continuano a regalare i loro voti ai politici più radicali?

Baccaro: Decidono di dare il loro voto a volti e partiti ancora più nuovi e che promettono un cambiamento di rotta ancora più forte. L’Italia è costantemente alla ricerca di nuovo personale politico e di nuovi partiti, in quanto il loro ciclo di vita si accorcia sempre più.

ZEIT: Che cosa collega la sinistra anti-istituzionale alla destra radicale più statalista?

Baccaro: La coalizione di Lega e Cinque Stelle è meno strana di quanto possa sembrare a prima vista. Entrambi sono partiti anti-sistema, entrambi rappresentano il “popolo” rispetto alle “élite”. Entrambi sono euroscettici, la Lega ancora più del Movimento Cinque Stelle, che recentemente ha rallentato la sua retorica anti-UE, principalmente per ragioni tattiche. I due partiti hanno molto in comune – altrimenti non sarebbero stati in grado di concordare un programma governativo in così poco tempo.

ZEIT: Quanto pensa che sia pericoloso il fronte italiano?

Baccaro: La Lega si è trasformata in un partito sciovinista e difensore dello stato sociale sulla falsa riga del Fronte Nazionale di Marine Le Pen o del Fidesz di Viktor Orbán. Il suo programma economico è di destra sulle questioni fiscali e di politica pubblica, ma al contempo vuole rafforzare il ruolo dello Stato nell’economia. Non è per uno smantellamento dello stato sociale, ma per la restrizione dell’accesso alla cittadinanza e l’esclusione degli stranieri. La retorica del “Prima gli italiani!” è il suo grido di battaglia centrale.

ZEIT: E i Cinque Stelle?

Baccaro: È un partito più difficile da giudicare. I loro elettori sono più istruiti di quelli del tipico partito anti-sistema. Sembra essere un partito veramente cross-class, che ottiene voti da tutti i ceti sociali, sebbene sia particolarmente forte nel Sud del paese e tra l’elettorato giovane.

ZEIT: Il movimento Cinque Stelle è ancora un partito di sinistra?

Baccaro: È difficile a dirsi. Le loro posizioni politiche sono troppo sottili per questo. I temi cardine sono l’enfasi sul “popolo” in contrasto con i politici di professione, la lotta alla corruzione, un maggiore controllo degli eletti da parte degli elettori, il rafforzamento della democrazia diretta e una sorta di “reddito di cittadinanza”. Se questa proposta sia di sinistra o di destra, dipende dalla struttura politica del reddito del cittadino. Finora, i Cinque Stelle hanno accettato senza troppa resistenza la proposta della Lega di introdurre una tassa regressiva. Se questo aumenta la disuguaglianza sociale, può essere compensata in parte dal reddito di cittadinanza. Ma non è detto che vada così. Tra l’altro, il catalogo delle misure punitive contro i migranti proposto dalla Lega è stato accettato anche dal movimento Cinque Stelle.

ZEIT: Il suo predecessore Wolfgang Streeck accusava l’UE di accerchiare i paesi membri con una fitta rete di regolamentazioni neoliberiste, contribuendo così a eliminare qualsiasi spazio di manovra nazionale e alimentando in questo modo la protesta populista, sia da sinistra che da destra. Condivide la sua opinione?

Baccaro: Sono d’accordo con questo punto di vista, ma lo formulerei in un altro modo. Le regole di coordinamento dell’area dell’euro prevedono un solo meccanismo di adeguamento: la svalutazione interna. Se un paese ha un deficit della bilancia dei pagamenti, deve compensarlo provocando la deflazione nei confronti degli altri paesi membri. Questo non solo è doloroso, ma anche inefficace. Le unioni monetarie, tuttavia, possono funzionare solo se dispongono di meccanismi che garantiscano che le misure siano assorbite in modo simmetrico da tutti i membri. In altre parole, i paesi in eccedenza devono fare la loro parte nell’adeguamento.
La strategia di svalutazione interna ha portato alla perdita totale di credibilità della politica.

ZEIT: Si sta riferendo al surplus della Germania. Come mai è la Germania a svolgere il ruolo di cattivo in questo gioco?

Baccaro: La maggior parte degli italiani è stufa delle politiche di austerità. Non sono più disposti ad accettare l’argomentazione secondo la quale basterà che mettano in atto ulteriori riforme strutturali e poi potranno prosperare felici sotto il sole. Ci sono state molte riforme negli ultimi anni, come quella delle pensioni e del mercato del lavoro e non hanno portato alcuna crescita.

ZEIT: Lei è molto gentile nei confronti della Germania. Che cosa hanno sbagliato la signora Merkel e il signor Schäuble?

Baccaro: La rabbia degli italiani è diretta principalmente contro i loro stessi politici, non contro i tedeschi. E la maggioranza è contraria al ritorno alla lira. Tuttavia, gli articoli offensivi apparsi di recente sulla stampa tedesca hanno attirato l’attenzione e hanno alimentato molta animosità. E per quanto riguarda la signora Merkel, il signor Schäuble o altri politici: trovo difficile accusarli di qualcosa di diverso dalla miopia. Sono politici eletti che fanno ciò che pensano sia meglio per i loro elettori. Finora, la strategia di crescita tedesca ha funzionato bene, anche se ciò non vale per tutta la popolazione. L’errore di alcuni politici tedeschi, tuttavia, è di credere che ciò che ha funzionato in Germania probabilmente funzioni anche altrove. Ma si deve comprendere che è impossibile avere tutte le economie orientate all’esportazione allo stesso tempo. E i politici tedeschi dovrebbero capire che la corda rischia di rompersi quando è troppo tirata. E forse si romperà davvero.

ZEIT: Emmanuel Macron vuole impedirlo e propone un parlamento dell’eurozona. Una soluzione di questo tipo potrebbe evitare l’impressione fatale che sia la Germania l’unica a prendere decisioni in Europa?

Baccaro: Sì, un parlamento dell’eurozona potrebbe aiutare. Ma dovrebbe avere un potere reale, un bilancio europeo con capacità di tassazione su scala europea. Inoltre, dovrebbe essere in grado di legittimare democraticamente l’introduzione di meccanismi di regolazione simmetrici. Ciò trasformerebbe l’eurozona in una vera unione politica. Per il momento, però, non vedo molte possibilità. Non abbiamo bisogno di un parlamento che abbia solo un potere simbolico.

ZEIT: Angela Merkel ha tenuto Emmanuel Macron in attesa di una risposta per mesi. L’iniziativa di Macron è già fallita, soprattutto ora che l’Italia ha un governo eurocritico al potere e l’Europa dovrebbe parlare con una sola voce dopo la débacle del G7?

Baccaro: Al contrario, la posizione di Macron potrebbe essere rafforzata da questa situazione di turbolenza. Il governo tedesco potrebbe rendersi conto di dover agire. A mio parere, tuttavia, le proposte di Macron non sono sufficientemente avanzate. Né saranno in grado di risolvere la crisi italiana – e questa crisi è la più grande minaccia per l’UE.

ZEIT: Cosa la preoccupa del piano di Macron?

Baccaro: Contro la resistenza tedesca, Macron vuole una certa condivisione del rischio nel debito nazionale. Allo stesso tempo, vuole rafforzare la capacità dei mercati finanziari di punire paesi con alti debiti, come l’Italia. Temo che tutto questo acceleri piuttosto che porre fine alla crisi. Supponendo che ci sia un attacco speculativo da parte dei mercati, allora il governo italiano non si accontenterebbe di negoziare semplicemente un memorandum con la Troika di Bruxelles senza combattere. Tutto sarebbe possibile a quel punto. Potrebbe essere la fine dell’euro.

ZEIT: Il governo potrebbe semplicemente dimettersi?

Baccaro: Sì, la pressione della zona euro e del mercato finanziario potrebbe portare a una capitolazione del governo, come nel caso del governo greco nel 2015. Tuttavia, a mio avviso, questo scenario è improbabile. La mia ipotesi è che se il nuovo governo dovesse trovarsi con le spalle al muro – come successe allora al governo greco – farebbe saltare in aria la casa. Di fronte a uno scenario diverso l’UE potrebbe accettare che in Italia la priorità vada alla crescita e che il paese mantenga standard di deficit meno rigidi.

ZEIT: L’entusiasmo tedesco a riguardo sarebbe piuttosto scarso.

Baccaro: Il governo federale dovrebbe cambiare rotta per quanto riguarda la riforma della zona euro. Ma non credo che questo sia molto probabile.

ZEIT: Non c’è altra soluzione?

Baccaro: Assolutamente. Bisognerebbe ammettere che le economie dell’area dell’euro sono troppo diverse per una pacifica convivenza. Ecco perché, infine, sarebbe necessario negoziare i termini per un divorzio consensuale. Quest’ultimo dovrebbe essere progettato in modo che in seguito i partner possano continuare a parlarsi.

ZEIT: Se l’euro fallisce, allora l’Europa fallisce.

Baccaro: Penso di aver chiarito che quello che potrebbe crollare è l’euro e, si spera, non l’Europa. In effetti, siamo a un punto critico. Dobbiamo assolutamente separare l’idea dell’Europa dalla realtà concreta dell’euro. Il fallimento dell’euro, se dovesse arrivare, non deve portare al fallimento dell’Europa.

IL VERO MODELLO DELLA CINA ....

L'esperienza ha dimostrato che l'imposizione di un rigido controllo politico e il ricorso a comandi dall'alto verso il basso si sono di solito ritorti contro Pechino.

Ad esempio, nel tentativo di risparmiare i prezzi delle azioni in calo nel 2015, l'amministrazione di Xi ha lanciato una serie di dettami, come fare in modo che le banche statali si impegnino a comprare azioni e non a venderle. Alla fine, questi sforzi non solo hanno fallito, hanno sprecato miliardi di dollari.

Per le élite al potere, questo era un nuovo promemoria sul fatto che i mercati possono essere guidati, ma non possono essere controllati con precisione.

IL VERO MODELLO DELLA CINA...I visitatori impressionati dalle scintillanti infrastrutture e dalla crescente ricchezza delle città di primo livello della Cina potrebbero essere tentati di concludere che tale prosperità è il risultato dell'autoritarismo.

Ma da quando il Partito Comunista Cinese prese il potere nel 1949, il governo del partito unico ha coinciso con un fallimento totale e un successo drammatico. Lo sforzo di Mao di raggiungere la produzione industriale del Regno Unito in sette anni è culminato nella più grande carestia provocata dall'uomo al mondo: 30 milioni di contadini morirono di fame in tre anni.

È importante notare che anche i politici cinesi non possono arrivare a un consenso su cosa sia il modello cinese.

A Pechino, le élite stanno ancora discutendo se sia il maoismo o il dengismo, la pianificazione centrale o il decentramento, gli investimenti pubblici o il capitale privato, che hanno svolto un ruolo più importante nello sviluppo della Cina e quale dovrebbe essere il giusto equilibrio.

 Nonostante abbia esortato altri paesi a imparare dalla "saggezza cinese" e dalla "soluzione cinese", Xi non specifica mai cosa significhi.

Non sorprende che i tentativi della Cina di condividere lezioni dal suo sviluppo con altri paesi siano spesso ridotti a mostrare siti modello, a invocare il confucianesimo, o idealisticamente a ritenere il partito come "meritocratico"