Dal mensile "Letture", n. 543, gennaio 1998, col titolo "Scrivere. Decalogo per me stesso"
"I consigli di uno scrittore per chi vuole misurarsi con l'arte del racconto: non stai risolvendo i mali del mondo. Non dimenticare il lettore, perche' stai scrivendo per quel se' che coincide idealmente con gli altri. Il narratore la Storia la fa"
1) Ricordati che la parola e' il mezzo di comunicazione piu' antico, il primo dopo il gesto, e comprensibilmente il piu' logoro. Defraudata, degradata, decrepita, defunta, la parola puo' pero' rinascere. Scrivere e' trovare il punto di intersezione tra la paura di ripetere e l'avventura di scoprire.
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2) Alle soglie del terzo Millennio le tradizioni si moltiplicano, si attraversano, si dissolvono. L'Europa e' diventata Africa, Asia, America, Australia. Non ancora Antartide, ma perche' e' disabitata. Una volta la tradizione classica dominava l'Occidente, oggi convive con le altre. Non propone piu' modelli, ma esempi. E' finita l'idea di tradizione cara a Hegel e a Sainte-Beuve, a Croce e a Eliot e a Curtius e ai molteplici canoni, dal Medioevo a Steiner e a Bloom. E' scomparso un miraggio. Sono rimasti i classici. Il problema non e' se siano attuali, loro lo sono a priori (basta, a posteriori, leggerli), il problema e' se siamo attuali noi. Leggi Apuleio e il Satyricon. Vedrai che non siamo noi a visitarli, ma loro a visitare noi.
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3) Evadere dalla gabbia dei generi letterari. Non alla maniera di Croce, che ne aveva creati altri due, la poesia e la non poesia, ne' alla maniera della contaminatio latina e del bricolage contemporaneo, che li conservano mescolandoli. Semmai una prosa come intersezione di piani che hanno dimenticato di appartenere a un genere.
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4) Non si e' mai aspirato tanto al romanzo come nell'epoca in cui si e' tanto parlato del suo declino o del suo decesso. Lascialo a chi abbia un progetto che diventi struttura e linguaggio. Liberati dall'ossessione stupida sia di farlo sia di distruggerlo, non meno rovinosa della prima.
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5) La narrativa rischia di essere soffocata dall'ipertrofia della critica, che occupa - come una piovra mostruosa e inevitabile, temibile e utile - qualsiasi spazio. La colpa e' della narrativa, che la osserva ipnotizzata e nei casi peggiori, i piu' frequenti, la segue anziche' precederla. Spesso lo fa anche l'avanguardia, il reparto che dovrebbe precedere le truppe.
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6) Ricordati che quando scrivi non stai risolvendo i mali del mondo e neanche quelli del tuo Paese. Chi vuol essere ricordato per le buone intenzioni sara', nei casi migliori, ricordato per queste. Goffredo Mameli c'e' riuscito. I narratori di solito hanno ambizioni meno altruistiche e i posteri, come diceva Jules Renard, hanno un debole per lo stile.
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7) La critica di solito rimprovera a un artista di non essere un altro. Cosi' molti rimproverano alla narrativa di non essere giornalismo o sociologia o politica o esotismo o consolazione o Storia. Il romanzo nell'Ottocento ha creduto in questi equivoci e sappiamo quanto l'equivoco possa essere fecondo, se pensiamo ai matrimoni riusciti. Oggi il romanzo deve scoprire ogni volta la propria identita'. Lo si scrive anche per questo.
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8) Non dimenticare il lettore. Non il lettore massa da accudire nel suo legittimo bisogno di qualche ora di distrazione, ne' il lettore snob da accontentare nelle sue piccole voglie da gravidanza isterica. Non si scrive
per se', come ti dice l'esordiente quando ti porge il manoscritto, ne' si scrive per gli altri, come dicono gli apologeti della letteratura commerciale o i missionari della letteratura sociale. Si scrive per quel se' che coincide idealmente con gli altri.
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9) Eversione linguistica e innovazione dissimulata non sono tanto distanti come si suppone. Sembrano opposti ma, visti piu' da vicino, vogliono la stessa cosa, l'una fingendo di distruggere, l'altra di conservare.
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10) Il Novecento ha visto il trionfo e insieme il naufragio della Storia. Tutto diventa Storia, ma questo riguarda il passato. Il narratore non racconta la Storia, il narratore la fa.